The Redline Magazine: L’icona Troy

Il Magazine Ducati nasce per raccontare le entusiasmanti novità che avvengono in un anno nel quartier generale di Borgo Panigale. Le moto, l’abbigliamento, le gesta di eroi, piloti e appassionati, i retroscena e tanto altro ancora.

E’ uno dei mostri sacri del motociclismo, venerato come una leggenda vivente e acclamato come una rockstar: parliamo di Troy Bayliss.
La sua storia parla di coraggio, forza di volontà, passione e anche talvolta di un pizzico di fortuna. È la storia di un uomo che non si accontentava di sognare, ma voleva vivere. Ed è anche la storia della Ducati, nella quale piloti del suo stampo conquistano un posto d’onore: uomini in grado di sussurrare alle macchine, che capiscono la loro moto come altri capiscono la mente umana; centauri che riescono a ottenere il massimo da sé e dai materiali; eroi dell’asfalto con la frenesia di arrivare primi, uomini con la benzina nel sangue, recordman che rendono orgogliosa la Ducati.

Australiano, classe 1969, Bayliss è riuscito a timbrare il suo biglietto per l’Olimpo del motociclismo nel 2006, quando non solo vinse per la seconda volta il Campionato Mondiale piloti Superbike, ma salì anche sul gradino più alto del podio nell’ultima gara di stagione della MotoGP a Valencia. Con il collega di squadra Loris Capirossi, classificatosi secondo, quel giorno Bayliss regalò alla Ducati la prima
doppietta assoluta di specialità. Il modo in cui si ritrovò anche sulla griglia di partenza della MotoGP è tipico della sua carriera, destinata a giungere all’apogeo proprio in quella stagione. Nel Campionato
Mondiale Superbike 2006 con la sua 999 F06 aveva collezionato dodici fenomenali vittorie, due secondi posti e un terzo piazzamento, andandosi a prendere con regale sicurezza il titolo mondiale.
Nella MotoGP intanto le cose non si erano messe bene per la scuderia bolognese: serviva urgentemente un sostituto per l’infortunato Sete Gibernau. La Ducati portò Bayliss, ancora immerso nei festeggiamenti, direttamente dalla spiaggia ai box della MotoGP: il resto è storia.

L’australiano aveva dimostrato già in precedenza di saper sfruttare le occasioni. Dopo aver raccolto due sensazionali quinti posti a Phillip Island partecipando con una wildcard al Campionato Mondiale Superbike del ‘97, si era imposto all’attenzione della Ducati. Nel 1999, primo anno da pilota ufficiale Ducati, vinse il suo primo titolo iridato nel campionato Superbike britannico. Nel 2000 effettivamente
avrebbe dovuto partecipare al campionato statunitense, ma, dopo il terribile incidente di Carl Fogarty nella quarta corsa di stagione del Campionato Mondiale Superbike, ne prese il posto nella scuderia Ducati.
Nel quinto fine settimana di corse a Monza Bayliss riuscì a scrivere una pagina della storia del motociclismo: con un’unica sensazionale staccata superò i piloti nelle prime quattro posizioni andando in testa. Ancora oggi non sa spiegare come ci riuscì. “Non so cosa mi passò per la testa in quel momento, ma fu l’inizio di tutto”.
Alla corsa successiva, sul circuito tedesco di Hockenheim, l’allora trentunenne pilota australiano vinse per la prima volta con la sua Ducati 996. Dopo un’altra vittoria sulla pista inglese di Brands Hatch e un totale di nove piazzamenti da podio, terminò la stagione sesto in classifica generale, pur avendo disputato solamente 18 delle 26 gare a disposizione. Bayliss mantenne il suo eccezionale stato
di forma e nel 2001 conquistò il primo titolo di Campione del Mondo Superbike con la Ducati. In meno di dieci anni era passato da motociclista autodidatta a star internazionale della Superbike.

La carriera di Troy è tanto più sorprendente se si pensa a quanto tempo ci volle prima che si rivelasse il suo gene da motociclista.
Mentre frequentava le scuole elementari aveva partecipato ad alcuni rally, ma l’interesse era rapidamente scemato. Con la sua prima motocicletta, acquistata con la paga del suo lavoro da verniciatore spray,
nel 1992 partecipò al Grand Prix di Australia, da spettatore. E lì la febbre delle due ruote lo contagiò a tal punto da decidere di diventare un pilota professionista. Era un signor nessuno senza sponsor e dovette penare non poco, ma indietro non poteva più tornare.
La sua passione per le due ruote era più forte di quella che qualcuno chiama ragione. I primi anni in cui cercava di imporsi come pilota continuando a lavorare come carrozziere lo hanno fortemente plasmato. “Io e mia moglie eravamo in pista ogni weekend. Il lunedì tornavo al lavoro. Ci fa sorridere spesso ancora oggi il pensiero di tutto quello che abbiamo passato”.

Una delle caratteristiche basilari di Troy è di essere nato con la camicia, anche nella vita privata: nel 1993 ha sposato Kim, la sua fidanzata dai tempi dell’adolescenza, con la quale ha avuto tre figli. Condurre una vita quasi normale da padre di famiglia nonostante la carriera professionistica è stata un’ulteriore sfida. “Ma mi ha fatto decisamente bene, mi ha aiutato a rimanere con i piedi per terra”. Eppure un giorno Bayliss ha dovuto promettere alla moglie che avrebbe smesso con le corse.

Quel momento arrivò alla fine del 2007: quando Troy annunciò che al termine della stagione 2008 si sarebbe ritirato dalle competizioni, per alcuni Ducatisti andò in frantumi un mondo. Ma prima Bayliss voleva ancora conquistare il terzo titolo mondiale Superbike.
Nell’ultima stagione con la scuderia Ducati, Bayliss poté guidare una rinnovata 1098 F08, la prima moto nella storia della Superbike a essere equipaggiata con un motore V2 da 1200 cc. Il dio della velocità
venuto dall’Australia non deluse i suoi fan: fin dalla prima corsa nell’emirato del Qatar si piazzò ai vertici della classifica, dove rimase saldamente per il resto della stagione. L’ultima corsa in Portogallo
fu un’uscita trionfale dal palcoscenico della Superbike: partendo dalla pole dominò entrambe le gare realizzando in ognuna il record di pista.

Nella categoria, Bayliss ha vinto in totale 52 gare, è salito sul podio 94 volte, ha conquistato 26 pole e ha realizzato 35 record di pista. A eccezione di Ben Spies, nessun altro pilota, in proporzione alle
gare disputate, ha mai vinto tanto. È il sogno di ogni pilota smettere quando si è ai vertici della carriera. Bayliss ha però sperimentato sulla sua pelle che non è affatto semplice. “Penso ogni giorno di ricominciare. Mi manca il gusto del trionfo sul podio. La mia passione farà sempre parte di me”.


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