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Apparentemente la gara di Valencia in Motogp non sembra altro che una gita premio per il campionato Superbike appena vinto, ma sin dalle prove libere il centauro di Taree dimostra un immediato feeling con la moto e con le gomme Bridgestone, a lui completamente sconosciute. Grazie alla magnifica messa a punto dell’Ing Ernesto Marinelli ottiene un incredibile ottavo tempo al termine della prima sessione di prove libere.
In qualifica Bayliss sorprende il Mondo ingaggiando una feroce lotta per la pole position con Valentino Rossi e solo nel finale il sette volte iridato riesce ad aver ragione del forte australiano, però ancora c’è scetticismo per la gara, i più infatti pensano ad una prestazione casuale e che la gara avrebbe riportato in auge i protagonisti abituali, ma Troy non la pensa certo così…
Al via l’aussie prende immediatamente il largo scattando a meraviglia dalla seconda piazza, mentre alle sue spalle si scatena la bagarre, con Capirossi, Melandri, Hayden e Pedrosa intenti a battagliare per contendersi le posizioni alle spalle di Troy.

Sembra fantascienza: un pilota che prima di questo week-end non aveva mai guidato la Ducati Motogp del 2006 e che mai aveva corso le Bridgestone, è in testa con un secondo di vantaggio dopo solo un giro, ma Troy non si accontenta di qualche tornata al comando, il suo obiettivo è molto più ambizioso.
Intanto dopo un contatto in partenza con Rossi, scattato malamente dalla pole, sta rimontando imperiosamente lo statunitense Nicky Hayden che contende proprio a Valentino il mondiale 2006; il vincitore di Assen e Laguna Seca è scatenato: fulmina Capirossi e dopo aver ricevuto strada dal compagno di squadra Pedrosa si mette in scia a Troy Bayliss.
Nicky però viene avvertito dai box, che il suo rivale per la corona iridata è scivolato a terra, per cui l’americano opta per non forzare eccessivamente, mentre Bayliss decide di aumentare ulteriormente il ritmo ed inizia ad allontanarsi nuovamente dal gruppo.

L’unico in grado di seguirlo è Loris Capirossi, che rimonta con facilità fino al secondo posto e sembra in grado di poter prendere il comando delle operazioni, ma è solo un illusione temporanea, infatti Troy sta solo controllando la situazione e tiene l’italiano a distanza di sicurezza, intanto i giri passano.
15 giri, 20 giri, Capirossi le prova tutte, ma Bayliss è sempre là davanti, irraggiungibile…25 giri….la situazione non cambia di una virgola, Troy mantiene saldamente la sua leadership nonostante i costanti tentativi del compagno di squadra per raggiungerlo.
Il ritmo tenuto dai due è allucinante, tanto che la Honda del futuro campione del Mondo Nicky Hayden, che viaggia in terza posizione, accusa quasi 10 secondi di ritardo dal duo Ducatista che continua a menare le danze senza indecisioni..
Ancora pochi giri alla fine, 3 giri, poi solo 2, ultimo giro…la bandiera a scacchi sembra non arrivare mai, ma l’australiano non sembra sentire la pressione e guida con impressionante naturalezza, pennellando le pieghe dell’autodromo spagnolo senza incertezze.
Ecco l’ultima curva, la più difficile…Troy la imposta senza incertezze e spalanca il gas per lanciarsi veloce sul rettilineo di partenza, dove finalmente la bandiere a scacchi saluta il suo trionfo: Troy Bayliss ha vinto la sua prima gara in Motogp.

Nel box Ducati esplode la gioia di Paolo Ciabatti (responsabile del progetto Ducati Superbike), Ernesto Marinelli (capo-tecnico di Troy) e Davide Tardozzi (team manager Ducati Superbike), che hanno accompagnato Troy in questa sortita in Motogp, mentre l’australiano come suo solito festeggia la sua vittoria senza eccessi, forse consapevole di aver semplicemente dimostrato al Mondo il suo reale valore in Motogp.

Un successo comunque incredibile ottenuto grazie ad una determinazione e da un talento impareggiabili, un successo che sa di rivincita per un passato recente troppo ingrato nei confronti dell’australiano.
Un successo epico che cambia la storia della moto, infatti non era mai successo che un pilota vincesse nello stesso anno il campionato di Superbike ed una gara di Motogp, inoltre non era mai capitato che un pilota riuscisse nello stesso anno ad imporsi sullo stesso tracciato con una Superbike ed una Motogp (nella storia recente solo Freddie Spencer riuscì in imprese simili), un successo che consacra Troy tra i più grandi interpreti di sempre del motociclismo.

Riccardo Dalmonte
Alias: Take it easy

“Mi sembra di essere tornato sulla mia vecchia poltrona di casa”…Con queste parole Troy commenta il comportamento della veloce, ma ostica Ducati 999 ufficiale che sarà la sua compagna di viaggio in questo campionato del Mondo Superbike 2006 ed i risultati dei test confermano le parole dell’australiano, con Bayliss largamente in testa a qualsiasi classifica, ma i rivali dell’australiano non si lasciano certo impressionare dai risultati dei test ed alla prima gara si presentano più agguerriti che mai.
Tra di loro i più temibili sono il campione del Mondo in carica Gordon Troy Corser su Suzuki, il sempre temibile Noriyuki Haga su Yamaha, il britannico James Toseland su Honda Ten Kate che è in cerca di vendetta, dopo essere stato malamente scaricato dalla Ducati a fine 2005 nonostante il mondiale vinto nel 2004.
Compagno di squadra del campione 2001 è il giovare e promettente italiano Lorenzo Lanzi che un anno fa si impose all’attenzione degli addetti ai lavori con due perentorie vittorie nella parte finale della stagione.
Il via della stagione per Troy è positivo grazie a due secondi posti in Qatar caratterizzati da un’epocale battaglia contro Corser per la vittoria di gara 2; il successo sembra dietro l’angolo e nella gara seguente a Philip Island sembra destinato a concretizzarsi, ma a pochi giri dalla fine mentre l’aussie è al comando incontrastato, la gomma posteriore si deteriora eccessivamente costringendo Troy a chiudere in sesta posizione.
Rimane ancora la seconda manche e Bayliss non vuole e non può farsela sfuggire, ma uno sfavillante James Toseland si oppone comandando brillantemente le danze per oltre metà gara;Troy però è irresistibile ed a pochi giri dalla fine sferra l’attacco decisivo che non lascia scampo al pilota della Honda e s’invola solitario verso l’agognata bandiera scacchi che sancisce finalmente il ritorno al successo del centauro australiano dopo ben quattro anni di digiuno e delusioni; un successo questo che darà il via ad una sequenza di vittorie incredibile.

La prima doppietta stagionale arriva a Valencia, dove l’australiano si deve impegnare in due snervanti confronti con il campione del Mondo in carica Gordon Troy Corser che scattato dalla pole position, impone fin dal primo giro un ritmo schiacciasassi, che fiacca i sogni di gloria di quasi tutti i concorrenti tranne uno: Troy Bayliss.
Il centauro della Ducati, gioca alla perfezione le sue carte riuscendo a salvaguardare l’usura delle sue gomme nonostante il ritmo elevatissimo ed in entrambe le manche a pochi giri dalla fine, sferra il suo attacco stroncando così le ambizioni del pilota della Suzuki, che a quel punto non ha più né la forza, né il tempo di reagire.
Il duello tra i due si ripropone a Monza con Corser nuovamente in pole davanti al rivale, ma il numero 21 della Ducati è più ispirato che mai ed in gara 1 dopo una breve fase di attesa, allunga con forza sugli avversari che invece di coalizzarsi per inseguirlo, cominciano ad infastidirsi a vicenda facilitando il compito dell’australiano che s’impone sul traguardo.
In gara 2 il campione del Mondo della Suzuki sembra intenzionato ad imporre la sua legge e dopo una breve fase di studio imprime alla gara un ritmo forsennato, è sicuro di poter fare il vuoto alle sue spalle, ma dopo qualche giro un rombo rauco ed inconfondibile sempre più vicino alle sue spalle, fa capire a Gordon Troy che il suo tentativo di fuga è fallito; infatti quel suono tanto temuto, appartiene alla Ducati 999 di Bayliss che sta rimontando come furia scatenata.
A 2/3 di gara è chiaro che il vincitore sarà uno dei due Troy e sembra annunciarsi un’ultima parte di competizione al cardiopalma, ma a pochi giri dalla fine Baylisstick prende tutti in contropiede, sferrando un attacco irresistibile a Corser ed allungando sul suo omonimo che ancora una volta non riesce a reagire al passo furibondo del centauro in rosso che coglie così la quinta vittoria dell’anno usando le stesse tattiche attuate a Valencia.
A Silverstone Corser è in difficoltà, così in quest’occasione a contrastare il ducatista ci pensa il determinatissimo pilota nipponico Noriyuki Haga, che insidia l’australiano in tutte le maniere possibili, mantenendo il comando delle operazioni per vari giri in ambo le manche, ma Troy è spietato ed ancora una volta attende gli ultimi giri per superare senza appello il giapponese e conquistare così la terza doppietta consecutiva in questa stagione.

Subito dopo si va in riva all’Adriatico sul circuito di Misano dove Troy scatta stranamente solo dalla seconda fila a causa di una superpole non brillante, ma bastano pochi giri per ristabilire le gerarchie e riportarsi nel gruppo di testa, per poi imprimere il suo sigillo nella prima manche sfidando e battendo in duello tutti i suoi principali avversari; anche questa volta Toseland, Haga e Corser devono inchinarsi al forte australiano della Ducati, che porta il suo bottino stagionale di vittorie ad otto consecutive.
Sembra un campionato senza storia, ma in gara 2 a Misano qualcosa sembra incrinarsi in quella macchina da guerra che è l’accoppiata Bayliss-Ducati, infatti Troy scivola a terra mentre era comodamente terzo, un errore innocuo ed ampiamente giustificabile in un campionato, addirittura il numero 21 della Ducati torna in sella e rimonta fino alla dodicesima piazza, ma a questo errore seguirà il disastroso week-end di Brno dove Troy viene abbattuto in gara 1 da una scivolata di Laconi, ed in gara 2 non va oltre l’ottavo posto.
Improvvisamente tutti i giochi tornano in ballo risvegliando brutti ricordi datati 2002; ce ne sarebbe abbastanza per mettere in crisi chiunque, ma non Troy e la sua squadra.
Dopo due settimane in Inghilterra un Bayliss in versione Superman con tanto di mantello rosso, ottiene un primo ed un secondo posto dopo un bel duello rusticano contro Haga in ambo le manche, poi ad Assen la svolta decisiva per il titolo.

In gara 1 diluvia e Bayliss scivola mentre era secondo, ma nessuno dei suoi avversari riesce ad approfittarne, con Haga e Corser anche loro caduti e Toseland nelle retrovie, addirittura in gara 2 questi si eliminano a vicenda al via consentendo a Troy una facile vittoria, il titolo è ormai a portata di mano.
Il primo match point è sul circuito del Lausitzring, ma l’australiano sciupa l’occasione scivolando in gara 1, mentre stava distanziando la concorrenza, si produrrà comunque in una prodigiosa rimonta che lo porterà al 7° posto, mentre in gara 2 saggiamente si accontenta del podio, ormai il mondiale è una semplice formalità da espletare a Imola, a pochi chilometri dalla sede della Ducati.
E’ un trionfo! Bayliss in gara uno si accontenta del 5° posto, dopo una gara condotta con prudenza e caratterizzata da un problema di gomme, ma è più che sufficiente per incoronarlo per la seconda volta Campione del Mondo Superbike, un titolo che Troy festeggia indossando una tuta ed un casco con i colori dell’iride su sfondo bianco, esattamente come la maglia che indossano i campioni del mondo di ciclismo grande passione di Troy.

Ma anche la Brigata Aeromobile Friuli partecipa alle celebrazioni del titolo di Bayliss, con i pezzi forti della loro flotta, gli elicotteri Mangusta, che si esibiscono con indimenticabili evoluzioni sul circuito del Santerno.
Troy, però non è appagato dal titolo conquistato, vuole fare un regalo speciale ai tifosi della Rossa e parte a testa bassa in gara 2 involandosi in prima posizione già alla prima curva ed imponendo un ritmo insostenibile; per gli avversari tenere la scia del neo iridato è pura utopia e Troy va così a conquistare una facile vittoria che fa impazzire di gioia il pubblico italiano.
Ma per la Ducati c’è ancora un titolo da vincere: quello riservato ai costruttori!
Ancora una volta Baylisstic si inventa ragioniere in gara 1 ed arrivando quarto ottiene i punti sufficienti per regalare alla sua squadra il titolo marche; ma c’è ancora gara 2 da disputare.
I primi giri vedono un’apparente fuga del trio Corser, Haga e Toseland, mentre Troy che è scattato solo dalla seconda fila perde un po’ di tempo per liberarsi dei concorrenti più lenti, ma già a metà gara si porta addosso al giapponese e lo infila con una manovra da urlo all’ingresso del veloce curvone Estoril.
Archiviata la pratica Haga, il neo iridato si getta a testa bassa all’inseguimento della coppia di testa e da quel momento è spettacolo puro: Bayliss attacca continuamente i suoi avversari sempre all’ingresso della curva Estoril, i quali rispondono nel successivo rettilineo e lo sfidando con imperiose staccate al limite, ma l’australiano ha il pieno controllo della situazione ed a poche tornate dalla fine si sbarazza di Corser; ora il prossimo obiettivo è l’inglese James Toseland.
Il duello tra i due segna una delle pagine più belle nella storia della SBK con Troy che attacca Jamie in ogni punto del tracciato senza lasciargli un attimo di respiro, poi a tre giri dalla fine l’aussie sferra l’affondo risolutore, sfruttando alla perfezione un incrocio di traiettorie e firma così l’ultima vittoria stagionale nel tripudio della sua squadra e della folla che applaude convinta l’ultima fatica del neo iridato che ora può godersi qualche settimana di meritato riposo.
Ma pochi giorni dopo, ecco arrivare una chiamata dalla Ducati in cui si propone a Troy di prendere parte alla gara di Motogp a Valencia in sostituzione dell’infortunato Sete Gibernau come “premio” per la sua recente vittoria nel campionato Superbike.
La Ducati Motogp, proprio la stessa squadra che liquidò Troy due anni prima, sembra proprio uno strano gioco del destino, ma l’australiano che è sempre stato convinto di non aver mai potuto mostrare fino in fondo il suo potenziale nella classe regina, accetta la proposta ed è determinato più che mai a farsi valere.

Riccardo Dalmonte
Alias: Take it easy

Il 2005 parte con grandi aspettative per Troy Bayliss dopo la discutibile decisione dei vertici Ducati Moto gp di scaricarlo, l’asso australiano si accasa nell’ottimo team gestito da Sito Pons che dispone delle temibili Honda rc211v in versione privata, reduci da alcuni successi nella stagione precedente con Massimiliano Biaggi e Makoto Tamada, il suo compagno di squadra è l’esperto e coriaceo brasiliano Alexandre Barros.
I test precampionato però, vedono Troy in grave difficoltà nel trovare il giusto feeling con la Honda, probabilmente molto più semplice della Ducati nella guida, ma con un avantreno che non conferisce la giusta fiducia all’australiano, la stagione però parte con un positivo sesto posto a Jerez pochi secondi dietro al compagno Barros e precedendo in volata la Honda ufficiale di Biaggi.

Sembra che le cose possano solo migliorare, ma da qui in poi Troy va sempre più in difficoltà e mentre nella seconda gara Alexandre Barros conquista l’unico successo stagionale per il team di Pons, il centauro di Taree scivola mentre lottava in settima posizione contro Hayden, riuscirà a riprendere per concludere in zona punti.
La stagione continua tra cadute e piazzamenti deludenti, con il solo ottavo posto ottenuto a Barcellona, davanti alle Ducati, come unico risultato accettabile e nemmeno l’aiuto offerto da Barros che fa provare i suoi assetti a Troy sembra risollevare la stagione.

A Laguna Seca, d’improvviso la situazione sembra cambiare, nonostante due cadute, il campione di SBK 2001 impone la sua legge nel primo turno di prove libere e solo Hayden sembra poterlo contrastare.
Il testa a testa tra i due va avanti per tutte le giornate di prova, con l’australiano che finalmente sembra poter sfruttare al meglio la sua gialla rc211v, tanto da far segnare il miglior tempo nelle prove del venerdì e di piazzarsi al secondo posto nelle libere del sabato ad un niente da Hayden.
In qualifica Troy trova delle difficoltà nello sfruttare le gomme da tempo, ma con uno strepitoso guizzo finale fa segnare la quarta prestazione cronometrica preceduto solo da Hayden, Rossi e dal compagno di squadra Alexandre Barros; il tutto lascia sperare in una gara piena di soddisfazioni per l’australiano.

Al via Bayliss sfodera una partenza al fulmicotone gettandosi all’inseguimento del leader Hayden, ma alla terza curva il campione in carica Valentino Rossi supera l’aussie, fuggendo via assieme a Nicky, mentre uno stranamente battagliero Biaggi inizia un duro duello con l’australiano per il terzo posto fatto di staccate al limite e qualche errore di troppo, ma la contesa viene risolta dal terzo incomodo Colin Edwards che dopo un brutto avvio, sta rimontando imperiosamente e supera Troy con un’ardita manovra al Cavatappi.
Il n.12 della Honda continua a perdere posizioni fino a scivolare al sesto posto che riuscirà a mantenere fino al traguardo, dopo aver resistito per oltre 20 giri ad un gruppo selvaggio vivacizzato dai sorpassi di Tamada e Hopkins; per Troy è il miglior risultato della stagione al pari di quello di Jerez, ma non basta un piazzamento per risollevare una stagione irta d’ombre.
A Brno l’australiano è ancora artefice di una prova opaca, poi l’infortunio, mentre si allenava con una moto da cross, la diagnosi è impietosa: frattura scomposta del polso; Bayliss cercherà comunque di recuperare per disputare le ultime gare, ma senza riuscirci a causa della gravità della ferita, mentre sulla sua moto si alternano con poche fortune Tohru Ukawa, Shane Byrne ed il vice campione di Superbike 2005 Chris Vermeulen.
La carriera di Troy sembra in inarrestabile declino e con quel polso a pezzi ricolmo di viti, il futuro si fa sempre più nebuloso e preoccupante, ma d’improvviso ecco la svolta: Paolo Ciabatti responsabile del progetto SBK della Ducati, propone a Troy la possibilità di ritornare a correre sotto le insegne della compagine di Borgo Panigale nel campionato SBK, dove già si era imposto nel 2001 con la stessa squadra.

Sembra un salto nel buio, le condizioni del polso di Troy lasciano molti dubbi sulla sua completa ripresa, ma l’australiano al debutto sulla 999 F05 stupisce il Mondo facendo segnare il secondo tempo ai test di Valencia nel novembre del 2005, per poi dimostrarsi irresistibile nei successivi test in Qatar di dicembre, dove infligge distacchi imbarazzanti ai suoi colleghi; ormai non ci sono dubbi: Troy Bayliss è tornato, ed è tornato per dominare.

Riccardo Dalmonte
Alias: Take it easy

Il 2004 sembra l’anno giusto per consacrare la Ducati tra i protagonisti nella lotta al Mondiale, ma dopo i primi test si intuisce che la situazione sarà radicalmente diversa, nonostante una velocità spaventosa in rettilineo, infatti la nuova desmosedici gp4 si dimostra decisamente acerba e ostica da guidare nelle curve, quindi assolutamente inadatta allo stile di Troy Bayliss.
La prima gara è una completa delusione: l’australiano si qualifica penultimo e raggiunge a stento la zona punti in gara, ma il centauro di Taree non si abbatte facilmente ed a Jerez è più determinato che mai a rifarsi.
Nonostante prove travagliate, Baylisstic ottiene il miglior tempo nel warm-up di domenica e sotto un diluvio apocalittico in soli due giri recupera dalle retrovie fino alla sesta posizione, ma la sua cavalcata viene bruscamente interrotta da una scivolata che vanifica il risultato finale.
In Francia, Troy torna a marcare punti finendo settimo, dopo aver rimontato e superato il compagno di squadra Capirossi partito più avanti di lui sulla griglia di partenza, mentre in Ducati cominciano a sorgere dei dubbi sulla bontà del progetto gp4.
Al Mugello la casa di Borgo Panigale porta due esemplari della moto dell’anno precedente (la Desmosedici gp3) per effettuare prove comparative con la moto attuale, ma si decide comunque di puntare sul modello nuovo, nonostante le molteplici perplessità. Troy si qualifica molto indietro, ma in gara recupera rapidamente raggiungendo la settima piazza fino all’interruzione della gara a causa di uno scroscio di pioggia. Alla ripartenza l’australiano da un saggio della sua classe, portandosi subito in testa al gruppo seguito dal compagno di marca Ruben Xaus in sella a una Ducati gp3, i due sembrano potersi contendere la vittoria, ma la pista pian piano inizia ad asciugarsi, riportando in auge le moto più competitive come la Yamaha e la Honda, Bayliss cerca di contendere il podio a Biaggi, ma dovrà arrendersi per pochi centesimi.

In Spagna, Troy conduce nuovamente un ottima gara arrivando fino alla sesta posizione, ma questa volta un incidente con Xaus lo priva dei meritati punti.
Da questo momento in poi inizia una crisi di risultati per l’aussie, che accusa vari problemi che compromettono molti risultati a punti e trasformano le sue gare in un autentico calvario.
Solo a Donington questo trend negativo viene interrotto, con Bayliss protagonista per tutto il week-end: in prova fa segnare il quarto tempo e nel warm-up impartisce lezioni di guida sull’asfalto viscido, poi in gara dopo una buona partenza, si sbarazza del compagno di squadra e si getta all’inseguimento del trio di testa composto da Edwards, Rossi e Gibernau, ma la Honda e la Yamaha sono troppo veloci per la Ducati e Troy è costretto a cedere anche alla Honda Repsol di Hayden, chiudendo quinto dopo un’allucinante uscita di pista, che per poco non rovinava anche questa prestazione.
In Germania, il numero 12 della Ducati si qualifica male, ma parte a testa bassa deciso a rimontare il gruppo e fa segnare subito il giro più veloce, ma la gp4 è un puledro ribelle e disarciona ancora una volta il suo cavaliere costringendolo al ritiro, da qui in poi si susseguiranno ancora una volta ritiri per guasti meccanici e cadute.

E’ ormai chiaro che la gp4 non permette al centauro di Taree di mostrare il suo talento, ma nonostante tutto Troy non lesina l’impegno, però questo non basta ai dirigenti del team Ducati Moto gp, che invece di supportare il loro pilota in difficoltà, prendono la poco comprensibile decisione di licenziarlo per mancanza di risultati e di sostituirlo con Carlos Checa per la stagione 2005, il tutto alla vigilia del gp d’Australia…la gara di casa per Troy.
E’ una decisione che trova poche giustificazioni, ma che Bayliss accetta con incredibile serenità, senza creare polemiche ed impegnandosi al 100% per fare una bella figura nella gara di casa. L’australiano si issa subito nel gruppetto dei primi e rimane in lotta per il podio fino a 2/3 di gara, ma la gomma posteriore si usura eccessivamente e lo costringe a rallentare per concludere in un anonimo nono posto.
Sembra un annata destinata a chiudersi in maniera deludente, ma da Troy Bayliss bisogna aspettarsi di tutto ed a Valencia si rivede finalmente il pilota che tutti conosciamo.
Grazie anche ad alcuni aggiornamenti provati a Philip Island subito dopo la gara, l’australiano mostra il suo reale potenziale, disputando ottime qualifiche che lasciano presagire una gara tutta d’attacco.
Al via le Honda del team Pons guidate da Tamada e Biaggi, s’impossessano delle prime due posizioni inseguite da Bayliss, scattato a meraviglia dalla sesta posizione, ma Rossi con la sua Yamaha rimonta immediatamente dopo un brutto avvio e si porta in pochi giri al secondo posto, mentre Troy viene superato anche dalle Honda di Gibernau e Hayden.
La competizione non subisce particolari scossoni fino a metà gara, quando Valentino Rossi rompe gli indugi e si porta facilmente in testa, seguito dalle tre Honda di Biaggi, Hayden e Tamada, che è un po’ in crisi con le gomme, mentre più staccati ci sono Gibernau ed uno strepitoso Bayliss che sta attaccando da vari giri il centauro iberico e nonostante un mezzo inferiore riesce ad averne ragione per gettarsi a testa bassa all’inseguimento dei primi quattro.
La rimonta dell’australiano ha dell’incredibile e dopo pochi giri sorpassa il giapponese Tamada per poi avvicinarsi minacciosamente alla coppia composta da Hayden e Biaggi intenti a battagliare per il secondo posto.
Troy è nettamente più veloce di tutti e comincia a mettere pressione all’americano, che cerca di forzare i tempi tentando di liberarsi di Biaggi, ma il pilota della Ducati non perde altro tempo e sul rettilineo di partenza sferra il suo attacco, Hayden cerca di difendersi, ma sbaglia ed arriva lungo alla prima curva rischiando di colpire anche l’incolpevole Biaggi.
Bayliss si ritrova così incredibilmente terzo e subito va ad insidiare la seconda posizione del pilota italiano della Honda, ma le gomme della Ducati numero 12 sono ormai troppo usurate, così Troy preferisce non prendere ulteriori rischi, chiudendo la gara in una imprevedibile terza posizione, dimostrando ai suoi ormai ex datori di lavoro di aver commesso un grossolano errore nel non puntare di più su di lui.

Ma Troy anche in questa occasione non fa polemiche e si congeda con il sorriso sulle labbra dalla sua ex-squadra, mentre il suo futuro si tinge di giallo, infatti Troy ha raggiunto un accordo all’ultimo minuto con il Team diretto da Sito Pons per correre la stagione 2005 sulle gialle Honda rc211v.

Riccardo Dalmonte
Alias: Take it easy

Il 2003 è l’anno del grande salto in Moto gp, la classe regina del motomondiale che vede come suo re incontrastato il giovane italiano Valentino Rossi su Honda.
Ovviamente il debutto in questa difficile classe per Troy Bayliss, non poteva che avvenire su una Ducati anch’essa all’esordio nella serie iridata, il suo compagno di squadra è Loris Capirossi.
Dopo un autunno ed un inverno di test, si va in Giappone a Suzuka per la prima gara; è un gran premio segnato dalla tragedia del povero Daijiro Kato, che mette in secondo piano qualsiasi risultato statistico, ma merita comunque una piccola citazione la gara di Bayliss che al debutto su una pista sconosciuta termina ottimo quinto.
La gara successiva riserva grandi sorprese e mette per la prima volta in luce il valore del centauro australiano: al via l’attenzione viene catalizzata da un brutto incidente tra Jeremy McWilliams e Colin Edwards, ma quando le telecamere tornano sui primi, c’è un’inaspettata sorpresa.
Infatti in testa al plotone, troviamo il “rookie” Troy Bayliss autore di una partenza al fulmicotone dalla nona piazza, mentre al suo inseguimento c’è la muta delle Honda composta dal trio Gibernau, Rossi, Biaggi e la Ducati gemella di Capirossi, ma il compagno di squadra di Troy, commette subito un errore nel corso della prima tornata e scivola nella pancia del gruppo, si ritirerà verso metà gara dopo un’ulteriore divagazione sulla terra.
Nel frattempo Bayliss è scatenato ed allunga sul gruppo inseguito come un ombra dal solo Sete Gibernau, ma l’australiano non cede di un millimetro e tra continue in traversate e spazzolate, mantiene la testa per oltre 10 giri, quando il consumo anomalo della gomma posteriore lo costringe ad un errore e successivamente a calare il ritmo.
Scivola così in quarta posizione, ma non rinuncia a dare battaglia ed impegna Rossi in un furibondo duello fatto di staccate al limite che fanno sognare i tifosi ducatisti.
Troy termina così quarto, mentre la vittoria è ad appannaggio di Sete Gibernau, il compagno di squadra dello sfortunato Daijiro Kato, a cui l’iberico dedica il successo ridando il sorriso alla squadra di Gresini ancora scossa per la tragica perdita.

Il n.12 della Ducati intanto continua con successo il suo apprendistato ed al Gp di Spagna arriva addirittura la prima fila ad un niente dalla pole position; al via l’australiano scatta immediatamente al comando, ma un errore lo costringe in seguito a lasciare spazio a Capirossi ed alle solite tre Honda di Rossi, Biaggi e Gibernau, ma dopo pochi giri l’iberico rovina a terra ed abbandona la lotta per la vittoria.
Mentre Rossi e Biaggi si allontanano, le due Ducati si contendono il podio con Troy che pressa Capirossi fino ad indurlo all’errore, conquistando così il primo podio della carriera che sembra poter essere il principio di una lunga serie.

Invece da quel gran premio in poi il rendimento dell’australiano tende a calare alternando buone gare concluse in zona punti ad alcuni errori, mentre il suo compagno di scuderia Capirossi ottiene la prima storica vittoria per la Ducati in Moto gp a Barcellona, approfittando di un errore di Rossi che esce di pista a pochi giri dalla fine, mentre pressava la rossa numero 65.
Da segnalare però la gara di Assen, dove Troy dopo deludenti qualifiche, delizia il Mondo intero con un’epica rimonta sul bagnato, effettuando un sorpasso all’esterno su Valentino Rossi senza precedenti, tanto da lasciare allibito anche il centauro italiano; purtroppo però anche in questa occasione una scivolata toglie all’australiano la soddisfazione di un possibile podio.
Le quotazioni di Bayliss tornano a rialzarsi a Donington dove conclude 5° dopo una bella battaglia con Checa, poi nella successiva gara in Germania torna finalmente a solcare il podio, conquistando la terza posizione dopo aver lottato nelle fasi iniziali con la Yamaha di un ispirato Melandri e con la Honda di Biaggi, che poi commette un errore regalando di fatto la terza posizione al centauro della Ducati che da quel momento condurrà una gara in beata solitudine fin sotto alla bandiera a scacchi.

A Brno, Baylisstic è ancora sul podio, ma è un podio che sa un po’ di occasione mancata.
Al via Troy, si impone in testa al gruppo e comanda le operazioni con facilità seguito come un’ombra dalle Honda di Rossi e Gibernau, ma a metà gara l’iberico e l’italiano rompono gli indugi e sferrano l’attacco alla Ducati; Troy cerca comunque di difendersi, regalando così un grande spettacolo al pubblico fatto di sorpassi e contro sorpassi, ma questa bagarre risulta controproducente per tutti e tre i contendenti, così Capirossi con la seconda “rossa” può riagganciarsi al trio di testa.
A pochi giri le Honda di Gibernau e Rossi comandano le danze, seguite da un Troy Bayliss che sembra dare l’idea di aspettare solo il momento propizio per attaccare, ma Capirossi alle spalle dell’australiano preferisce non attendere ed inizia a battagliare con il compagno superandolo, ma facendo così scappare il duo della Honda.
L’italiano sarà poi costretto al ritiro da una rottura meccanica, che fa perdere ulteriore tempo a Troy che ormai è distante oltre due secondi dai battistrada; all’ultimo giro riesce a recuperare 1 secondo pieno, ma non è sufficiente per rientrare nella volata finale e si deve così accontentare di un altro terzo posto, che però sa un po’ di amaro.

Da quel momento in poi Baylisstick farà sempre più fatica con la gp3, troppo scorbutica per il suo stile ed i risultati diventano meno significativi, con piazzamenti nei punti alternati a qualche caduta, come quella a Motegi, dove viene coinvolto in una carambola al via assieme a Colin Edwards ed è in questa occasione che il campione di SBK 2001, dimostra una sportività ed una generosità impareggiabili.
Infatti una volta preso atto che la sua gp3 era troppo danneggiata per continuare, corre verso Edwards, il suo rivale storico in Superbike e lo aiuta a rimettersi un corsa…un gesto d’altri tempi, che fa sognare i romantici delle corse.
A Phillip Island le cose sembrano migliorare, infatti l’australiano della Ducati si piazza in prima fila e grazie ad una partenza a razzo si porta subito in testa, anche se un errore all’ultima curva del primo giro lo retrocede poi terzo dietro a Gibernau e Melandri, ma Troy sembra padrone della situazione.
In poche curve fulmina lo spagnolo ed insidia la leadership dell’italiano, ma è un Melandri molto nervoso ed agitato quello che corre in Australia e costringe l’aussie ad una rovinosa caduta che lo lascia esanime a terra.
Le immagini sono drammatiche, Troy dopo aver sbattuto violentemente il capo a terra, rimane steso sull’erba e non accenna alcun movimento; intervengono i sanitari con la barella e viene predisposto l’elicottero per il trasporto in ospedale, ma per fortuna le condizioni sono molto meno gravi del previsto ed il tutto si risolverà con un brutto spavento e nulla più.
Purtroppo, però il Mondiale 2003 riserva un’altra piccola delusione per Troy che perde per pochi punti il titolo di “rookie of the year” ai danni del pilota Honda Repsol: Nicky Hayden che lo scavalca nelle ultime gare di campionato, in questa speciale classifica riservata ai debuttanti.
In ogni caso si è trattata di un annata positiva e lascia ben sperare per un 2004 ancora più da protagonista.

Riccardo Dalmonte
Alias: Take it easy

Il 2002 vede il Campione del Mondo in carica Troy Bayliss come favorito principale per la corsa al titolo, gli avversari sono sempre gli stessi di un anno fa, ma tra loro spicca l’assenza di Troy Corser, passato a collaudare la Petronas per il 2003 ed è stato sostituito in seno all’Aprilia dal rientrante Noriyuki Haga reduce da un’esperienza negativa nelle 500.
I test invernali confermano la bontà dell’accoppiata Bayliss-Ducati 998 (ennesima evoluzione derivante dalla vetusta 916) ed al primo week-end, sbaraglia letteralmente gli avversari con una perentoria doppietta a Valencia, con un sorprendente Haga ed un sempre spettacolare Ben Bostrom che tentano di tutto per ostacolare la marcia dell’australiano, ma senza riuscirci.
Troy si impone due volte anche a Phillip Island, sconfiggendo nella gara di casa, un coriaceo Colin Edwards su Honda VTR 1000 e da questo momento in poi sarà proprio lo statunitense l’unico avversario in grado di reggere il passo del campione in carica che per il momento impone la sua legge anche nel successivo week-end in Sud Africa dopo un momento di tensione con Haga nel corso del primo giro, con Noriyuki che sferra una piccola gomitata sul capolino della 998 numero 1 per farsi largo nella bagarre.

In Giappone a Sugo per la prima volta s’inverte la tendenza con Edwards sul gradino più alto del podio in gara 1, mentre Troy deve accontentarsi di qualche punto ed il distacco tra i due si riduce a poco più di venti punti nonostante le tante vittorie dell’australiano nelle prime gare.
Il campione in carica ristabilisce l’ordine delle cose sin dalla gara di Monza, che lo vede due volte vincitore dopo splendidi duelli all’arma bianca con Edwards e Neil Hodgson su Ducati 998 F01, ma nel successivo appuntamento a Silverstone, Colin torna a recuperare punti sul rivale grazie ad una vittoria ed un secondo posto, ma questa gara merita una spiegazione più dettagliata.
Al via della prima manche diluvia, ma questo non spaventa certo Troy che prende le redini della corsa, davanti al rivale della Honda, ma dopo pochi giri cade a terra; l’australiano però non si da per vinto, monta nuovamente in sella ed inizia uno spettacolare recupero fatto di sorpassi in ogni punto della pista, sverniciando gli avversari come se fossero fermi.
Quando il podio sembra un obiettivo possibile, Bayliss scivola di nuovo, ma il campione aussie è più determinato che mai, risale in sella e ricomincia da capo il suo spettacolare recupero chiudendo quinto sul traguardo, mentre Edwards come già detto raccoglie la sua seconda vittoria stagionale. In gara 2 piove meno e stavolta Colin deve piegarsi al talento di Troy che s’impone sul traguardo, sfogando la sua tensione con un poco elegante gesto “dell’ombrello”.
Al Lausitzring ed a Misano è la Ducati numero 1 di Bayliss che domina tutte le manche, precedendo sempre un Edwards molto costante, mentre a Laguna Seca i due si spartiscono le vittorie con la prima gara a favore dell’austaliano e la seconda ad appannaggio di Colin, ma da questo week-end in poi qualcosa si blocca nella perfetta macchina da vittorie formata da Bayliss e la 998 f02. Infatti dal successivo gran premio la Honda porta degli aggiornamenti per il suo pilota di punta, mentre in Ducati si è ormai arrivati a fine sviluppo e la nuova nata di Borgo Panigale, la 999, debutterà solo nel 2003.
Come se non bastasse le successive prove di Bayliss verranno condizionate da un brutto infortunio, causato da un incidente nelle prove libere del gran premio d’Europa col distratto compagno di squadra Ruben Xaus, che lo urta facendolo rovinare pesantemente a terra.
Troy riuscirà comunque a salire sul podio a Brands Hatch, ma Colin Edwards si impone in ambo le gare e la stessa cosa succede nel successivo week-end in Germania, con Bayliss ancora dolorante e deconcentrato, costretto due volte al secondo posto.
In Olanda in gara 1 si ripete lo stesso identico risultato, ma in gara 2 succede l’imprevedibile: dopo pochi giri Edwards s’invola senza essere contrastato da nessuno, mentre Bayliss si ritrova in mezzo al gruppo in lotta per il podio, ma è un Bayliss deconcentrato quello in pista ad Assen e mentre la gara volge al termine, dopo una gara tempestata da piccole sbavature, arriva l’errore fatale.
Troy si ritrova così fuori causa ed è costretto a cedere la testa della graduatoria iridata a Colin Edwards per un punto, con il texano ancora una volta vincitore incontrastato della manche anche grazie ad una Honda Vtr 1000 Sp2 che grazie allo sviluppo costante della casa è ormai imbattibile. Ora rimane solo l’ultimo round, quello di Imola, sul cui circuito si svolgeranno le rimanenti due corse decisive per l’esito del campionato.

Sulle rive del Santerno la tensione si taglia col coltello ed il tifo è tutto per l’australiano della Ducati, ma nelle prove è ancora Edwards, forte di una Honda imbattibile, a strabiliare i presenti con una pole position incredibile, mentre Troy è costretto in terza posizione dietro al compagno Ruben Xaus.
Apparentemente sembra una gara senza storia, ma Troy Bayliss non è tipo che si arrende facilmente e la domenica si presenta più determinato che mai a dare battaglia a Colin.
Nelle prime curve di gara 1 i due forti piloti in lotta per il titolo si scambiano freneticamente la prima posizione con Bayliss che approfitta di ogni spiraglio per attaccare e con Edwards pronto ed astuto a controbattere ad ogni assalto dell’australiano.
A metà manche Colin dispone di qualche secondo di vantaggio, ma il rivale spreme oltre ogni limite la sua fida 998 e si riporta a mezzo secondo dal texano, sembra prefigurarsi un grande duello quand’ecco comparire beffarda la bandiera rossa.
Una moto in pista ha perso olio al Tamburello ed alcuni piloti, tra i quali Neil Hodgson, passandoci sopra sono rovinati a terra, per cui onde evitare che questa situazione possa condizionare la gara di uno dei due contendenti per il Mondiale, si opta per sospendere la prova per poi riprenderla una volta ripristinata la piena sicurezza della pista.
In questo modo però la gara viene snaturata, infatti la classifica verrà stilata in base alla somma dei tempi che i piloti hanno ottenuto nella prima tranche della gara, con quelli che otterranno nella seconda tranche.
Un vantaggio che Colin Edwards sfrutterà a meraviglia, infatti dopo aver duramente battagliato con Troy in questa seconda parte della prima manche, decide di seguire da vicino il suo rivale rinunciando ad attaccarlo, ormai conscio del fatto che mantenendosi a distanza di “sicurezza” dall’australiano, grazie al vantaggio ottenuto nella prima parte di questa manche, potrà ottenere i 25 punti riservati al vincitore ed infatti così sarà, con Troy che taglia per primo il traguardo, ma che in classifica generale si ritrova dietro al rivale statunitense.
Manca solo gara 2 per decidere gli esiti di questa epica battaglia, ma le possibilità di Troy sono minime, mentre Colin sa che con un secondo posto si fregierà egualmente del titolo, l’australiano può solo puntare alla vittoria e sperare che qualcun altro s’inserisca tra lui ed il centauro texano..
Al via di gara 2 Bayliss allunga subito sul gruppo, mentre Edwards dopo un primo giro di studio si instaura in seconda posizione e si ricongiunge al leader, il quale dopo l’arrivo di Colin tenta in ogni modo di ostacolarlo per consentire a Xaus o Hodgson di superare lo statunitense, che però non cade nella trappola e costringe Troy a forzare il ritmo.
I due si superano di continuo dando vita ad una delle pagine più belle del motociclismo, con Troy che guida ben oltre i limiti concessi dalla sua 998, inventandosi staccate impossibili e rimanendo in sella per miracolo.
La resa dei conti di questa epica battaglia tra giganti si consuma ad un giro dalla fine: Troy attacca all’ingresso della chicane Villeneuve, Edwards gli risponde all’interno della Tosa, a quel punto l’australiano tenta il tutto per tutto all’ingresso della Piratella, superare in quel punto è praticamente impossibile, ma Bayliss non si tira indietro e sembra addirittura riuscire a completare le manovra, ma la gomma posteriore tradisce il centauro ducatista che deve lasciar sfilare il rivale, che vince la gara ed il titolo iridato.

E’ una sconfitta, ma Troy ancora una volta da prova della sua signorilità festeggiando il suo rivale Colin Edwards sul podio e scusandosi con i tifosi per non essere riuscito a bissare il titolo dello scorso anno, il pubblico però applaude egualmente senza riserve l’asso australiano per le incredibili emozioni che gli ha fatto vivere.
Comunque a parziale consolazione per Troy c’è una piccola promozione , infatti una nuova avventura si profila per l’australiano: quella della Moto gp, sempre con la Ducati.

Riccardo Dalmonte
Alias: Take it easy

Il campionato Superbike del 2001 propone molte conferme e grandi rinnovamenti. I favoriti d’obbligo sono il campione del Mondo in carica Colin Edwards, che difende il suo primato sempre in sella alla Honda VTR e l’esperto australiano Troy Corser che dopo una sorprendente stagione in sella all’Aprilia RSV sembra pronto a puntare all’iride.
La Ducati, dopo un 2000 dalle forti emozioni, schiera la sua squadra a tre punte composta dal “rookie of the year” della stagione scorsa Troy Bayliss, dal promettente Ruben Xaus e da un Ben Bostrom chiamato a confermare quanto mostrato nell’anno precedente nel team Caracchi.
Non meno importanti sono le presenze di Hodgson e del debuttante Toseland su Ducati, Chili su Suzuki, del duo Kawasaki formato dagli inossidabili Lavilla e Yanagawa, senza dimenticare i compagni dei due favoriti al titolo, ossia Tadayuki Okada e Regis Laconi, reduci entrambi da buone stagioni nella 500.
Il via del campionato si tiene sulla pista iberica di Valencia dove Corser domina a piacimento ambedue le corse, ma la vera sorpresa è Bayliss che intasca due importanti podi che gli fanno conquistare sul campo già alla prima gara i galloni di prima guida nel team Ducati Infostrada ed infligge un duro sorpasso all’iridato Edwards che a quel punto ha già intuito chi sarà il suo vero avversario nella corsa all’iride.
La gara seguente si tiene sul pittoresco circuito sudafricano di Kyalami e mette nuovamente in risalto la grande consistenza di Bayliss che ottiene due secondi posti alle spalle del compagno di marca Bostrom, che ottiene così la prima vittoria e di Edwards che però è costretto al ritiro in gara 2, consentendo così all’australiano di casa Ducati di issarsi al comando della graduatoria generale per la prima volta in carriera.
La terza gara a Phillip Island è caratterizzata da un diluvio universale che mette in crisi tutti i concorrenti: Bayliss scatta in testa e fa subito il vuoto, ma le Honda VTR di Edwards ed Okada sembrano avere una marcia in più ed infilano il funambolo della Ducati che saggiamente si accontenta d’incamerare i punti del terzo posto che, complice l’annullamento di gara 2 per troppa acqua in pista, lo mantengono al vertice della classifica.
Le due gare successive a Sugo rappresentano un’autentica debacle per l’australiano della Ducati che fatica a raggiungere i primi 10 in classifica, ma il talento di Taree dimostra di avere un carattere d’acciaio e non si lascia demoralizzare dalla difficile situazione, riproponendosi nel successivo appuntamento di Monza come grande protagonista.
L’alfiere del team Ducati Infostrada scatta dalla pole nella gara di casa della rossa di Borgo Panigale e dopo le solite scaramucce iniziali, si allontana dal gruppo assieme al capofila Edwards con cui ingaggia uno spettacolare che raggiunge il suo apice all’ultima curva.
I due si presentano sul rettilineo che precede la Parabolica affiancati, ognuno di loro sa che chi entrerà per primo, sarà quasi sicuramente il vincitore e sono disposti a tutto pur di imporsi ed addirittura si scambiano un paio di gomitate per intimorirsi a vicenda, ma alla fine il centauro ducatista riesce a prevalere con una staccata da paura che sancisce il trionfo del nuovo Imperatore di Monza nel tripudio di una folla festante per il suo idolo.

E’ una vittoria scaccia crisi che rilancia con forza la candidatura dell’australiano all’iride, ma non è ancora finita, infatti in gara 2 Troy imperversa sul tracciato monzese ed ottiene una facile vittoria, firmando così la prima doppietta della sua breve carriera e riprendendosi la leadeship del campionato, il tutto ad un solo anno esatto dal sorpasso epico con cui si presentò nel Mondiale l’anno precedente.
Dopo un weekend opaco sul circuito di Donington, caratterizzato dai successi dell’incredibile Hodgson su Ducati privata e dell’indomabile Chili che regala l’unica vittoria stagionale ai motori a 4 cilindri, il circo della SBK si trasferisce sul circuito tedesco del Lausitzring, dove il ducatisa ottiene un’altra vittoria sulla pista viscida battendo in volata il suo ex compagno di squadra Neil Hodgson che cerca inutilmente di beffare Troy fino all’ultima curva, ma la vittoria di Edwards nella seconda manche lascia quasi inalterata la classifica.
Subito dopo si torna a Misano per il gran premio di San Marino e per i tifosi della Ducati diventerà una grande festa: in gara 1 si scatena un duro duello tra Bayliss ed il suo compagno di marca Bostrom che finalmente torna a livelli di eccellenza dopo alcuni mesi di appannamento. I due si affrontano a viso aperto senza inutili ordini di scuderia, mettendo a dura prova i loro telai a traliccio e le loro sospensioni con frenate e traiettorie al limite della fisica, ma alla fine sarà il capofila del Mondiale a prendersi la vittoria della prima manche.
Nella manche seguente Bostrom si prende la rivincita, ma Bayliss concludendo ottimo secondo mette in cascina punti importanti per la classifica di cui ormai è il leader incontrastato.
A Laguna Seca prosegue il momento magico del centauro americano della Ducati, che firma la sua prima doppietta della carriera, nonostante l’opposizione di un ritrovato Corser e del sorprendente Hodgson, bissata nel successivo weekend sul circuito inglese di Brands Hatch, ma la spaventosa superiorità di Ben non deve mettere in secondo piano l’arguta condotta di gara di Bayliss che invece di rischiare, si accontenta di alcuni piazzamenti nei primi 5 e di un podio che gli consentono di mantenere un bel margine di sicurezza sul suo diretto inseguitore Edwards che però è a sua volta incalzato dall’imperioso recupero di Bostrom.
A Oschersleben il leader del Mondiale deve ritirarsi nella prima manche per una rottura meccanica, che permette ad Edwards di recuperare punti importanti, ma in gara 2 interviene a soccorso dell’australiano il compagno di scuderia Ruben Xaus, che ottiene la sua prima vittoria dopo una stagione caratterizzata da tante cadute, “rubando” così punti preziosi a Texas Torando che conclude alle spalle dell’iberico e davanti alla 996 numero 21 del funambolo di Taree.
Ad Assen, Bayliss ha a disposizione il primo “match ball” per chiudere il discorso a riguardo del titolo iridato e l’australiano non delude le attese, ottenendo una mostruosa pole position che sembra una pesante ipoteca sul campionato.

Nella prima manche le Ducati Infostrada s’involano in formazione con Bayliss e Xaus che fanno il bello ed il cattivo tempo, ma a poca distanza da loro le segue un minaccioso Colin Edwards che non ha alcuna voglia di cedere lo scettro iridato senza combattere.
La gara vive del duello tra le due rosse di Borgo Panigale, ma questa condotta di gara risulta controproducente per le ambizioni iridate di Bayliss, così dal muretto box della Ducati viene imposto a Xaus di non infastidire più il suo capitano, che a quel punto può balzare in testa indisturbato.
La saggia scelta del team in rosso, verrà confermata qualche tornata più tardi, quando uno scroscio di pioggia fa terminare in anticipo la manche con Troy che vince davanti a Xaus ed a Edwards. Dopo questi risultati il centauro australiano della Ducati si ritrova ad un passo dal titolo, mentre l’alfiere della Honda è alle corde: solo vincendo le ultime gare potrebbe disturbare l’ascesa iridata del suo avversario, ma non sarà così.
Infatti nella seconda manche l’americano sbaglia la scelta delle gomme e le due Ducati s’involano nuovamente in testa nella medesima formazione della prima gara, con Ruben Xaus che ha il compito di scortare il suo caposquadra fino al traguardo.
A pochi giri dalla fine Edwards naviga in decima posizione, mentre i due pomponi di Borgo Panigale dominano in lungo ed in largo, pennellando le curve quasi all’unisono e facendo tuonare in coro i loro bicilindrici desmodromici.
Finalmente l’ultimo giro: ai box della Ducati tutti sono in trepida attesa e fanno i dovuti scongiuri, ma Troy continua imperterrito senza incertezze a far danzare la sua 996 tra le mille pieghe del tracciato olandese ed eccoci infine all’ultima curva.
La rossa numero 21 l’affronta con naturalezza e si lancia sul traguardo dove la bandiera a scacchi celebra il trionfo dell’australiano: Troy Bayliss è campione del Mondo, la favola del ragazzo di Taree è diventata leggenda.

In Ducati è festa grande: ad un solo anno dall’incidente in cui la squadra aveva perso il suo campione Carl Fogarty, il team bolognese torna in cima al Mondo grazie al loro nuovo fenomeno Troy Bayliss che l’aveva sostituito nella stagione scorsa, imponendosi subito come punto di riferimento per tutta la scuderia.
Dopo i festeggiamenti olandesi, si va a Imola per l’ultima corsa stagionale che Troy e la Ducati vogliono onorare degnamente, vestendosi con la livrea argento che caratterizzò la Ducati di Scott Smart che nel 1975 vinse la 200 miglia di Imola.
L’australiano parte a spron battuto ed è artefice di un duro duello col compagno di squadra Xaus e con l’Aprilia di Laconi, che dopo il buon avvio di stagione in Spagna, era rimasto coinvolto dalla scarsa competitività delle gomme Dunlop che hanno tarpato le ali anche al suo compagno di scuderia Corser.
Sfortunatamente a due giri dalla fine si sfiora il dramma, il neo iridato Bayliss cade in uscita dalla curva di Rivazza e coinvolge l’incolpevole Laconi, ma è l’australiano a riportare i danni maggiori fratturandosi una spalla.

Un infortunio che costringe il campione del Mondo a saltare l’ultima manche che sarà vinta in volata da Laconi che batte uno scatenato Ruben Xaus reduce dalla vittoria in gara 1, ma questo non rovina la grande festa di Bayliss che conclude il campionato con oltre 30 punti di vantaggio su Edwards.
Un dominio costante e gestito magistralmente dal campione australiano che sembra poter continuare anche nella stagione successiva, quando il centauro di Taree si ripresenterà al via del campionato SBK in sella alla Ducati 998 fregiandosi dell’ambito ed impareggiabile numero 1 sulla carena.

Riccardo Dalmonte
Alias: Take it easy

Dopo un 1999 da trionfatore per Bayliss si propone una difficile scelta: i dirigenti della Ducati hanno finalmente notato il talento dell’ex carrozziere di Taree e gli hanno fatto pervenire la proposta di correre sotto i loro colori nel campionato Superbike Americano, con la possibilità magari di un futuro inserimento nella squadra ufficiale.
La volontà di Troy sarebbe però quella di rimanere con il team di Darrell Haley, che sta tentando in tutti i modi di partecipare al campionato Mondiale di SBK, ma purtroppo il bravo manager inglese non ha sufficienti disponibilità economiche per tentare il grande salto ed a quel punto, facendo un gesto di grande signorilità, convince Troy a lasciare la sua squadra per andare negli Stati Uniti, in modo da potergli garantire un futuro migliore e più sicuro.
Il centauro australiano, anche se a malincuore, si trasferisce con l’intera famiglia dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, dove lo aspetta la sua nuova e fiammante Ducati 996 del team Ferracci supervisionata dall’ingegner Ernesto Marinelli.
Troy però si dimostra subito all’altezza della situazione e sin dal primo appuntamento dimostra una schiacciante superiorità facendo segnare una stratosferica pole position in quello che è il tempio della moto americana: Daytona.
Al via della 12 ore, il numero 88 della Ducati s’invola immediatamente ed inizia a dettar legge davanti a piloti ben più esperti sui difficili curvoni sopraelevati del tracciato statunitense, ma purtroppo Bayliss è pur sempre un debuttante e per cui arriva inevitabile una piccola sbavatura che lo costringe al ritiro, ma questa prestazione sarà determinante per il futuro dell’australiano, infatti a seguire la gara c’è il responsabile del progetto SBK della Ducati, Paolo Ciabatti, il quale nota immediatamente le innate capacità del nuovo pilota di Ferracci: i destini del team ufficiale Ducati e di Troy hanno già iniziato ad intrecciarsi. 

Intanto il fenomeno di Taree continua il suo apprendistato facendo segnare un’altra pole position nelle qualifiche del secondo appuntamento americano, ma sta per accadere l’evento che stravolgerà la carriera dell’australiano: Carl Fogarty il campione del Mondo in carica della Ducati s’infortuna gravemente nel corso della seconda gara sul circuito di Phillip Island.
I dirigenti della squadra italiana sono in difficoltà; mai avrebbero pensato di dover rinunciare al loro pilota di punta in maniera tanto inaspettata.
Ma Paolo Ciabatti non si è dimenticato di quel giovanotto che al debutto sulla pista di Daytona si permetteva di irridere piloti ben più esperti.
Ormai la decisione è presa: Troy Bayliss sostituirà Fogarty sin dalla prossima gara prevista sul tracciato nipponico di Sugo.
Ma il debutto in rosso del pilota di Taree non sarà certo come se lo sarebbe immaginato, infatti su due gare non riesce a concludere neppure il primo giro, per colpa dell’aggressività di alcuni piloti locali che giocandosi il tutto per tutto in partenza, coinvolgono la Ducati numero 21 dell’australiano nei loro errori.
Troy però nonostante tutto sembra non perdere il buon umore e si ripresenta più scherzoso che mai ai box del suo team simulando le movenze di un guerriero samurai scatenando l’euforia dei meccanici che già iniziano ad apprezzare questo umile pilota australiano.
Ma i dirigenti della Ducati non sono convinti di aver puntato sul cavallo giusto ed appiedano senza apparenti ragioni valide Bayliss, per sostituirlo con il collaudatore della squadra, l’italiano Luca Cadalora.
Troy è costretto a ritornare negli USA deluso ed amareggiato, ma dopo qualche settimana il suo telefono torna a squillare: è nuovamente Paolo Ciabatti che gli chiede di tornare in sella alla 996 ufficiale a Monza per sostituire Cadalora.
Luca infatti ha profondamente deluso lo staff dirigenziale della Ducati, ottenendo nella sua apparizione a Donington dei piazzamenti molto distanti dalla zona punti e ben inferiori al vero potenziale della moto e quindi si è deciso di tornare a puntare sull’uomo proposto dal leader del progetto SBK della squadra bolognese.
Troy però è restio ad accettare, la delusione del precedente appiedamento è stata cocente, ma sarà provvidenziale l’intervento della moglie Kim che persuade il marito ad accogliere la richiesta di Ciabatti: sarà la miglior decisione della vita agonistica di Bayliss.
In fretta e furia il dioscuro di Taree si reca in Italia, dove ritrova la 996 Infostrada numero 21, pronta per scendere in pista, ma le attese verso di lui sono molto basse, infatti l’australiano non conosce assolutamente la difficile pista di Monza e questo è uno svantaggio non indifferente.
Le qualifiche però presentano un Bayliss costantemente tra i primi 10 e dopo essersi qualificato per la superpole, porta la sua rossa Ducati in seconda fila, distanziando nettamente il compagno di scuderia Ben Bostrom.
Ai più sembra già un risultato incredibile, ma Troy ha solo iniziato a stupire e nella prima manche s’inserisce con facilità con il gruppo di coloro che si giocano la vittoria, composto da Edwards, Haga, Chili e Yanagawa, tenendosi alle spalle piloti esperti come Corser e Slight.
La gara procede in maniera spettacolare tra continui sorpassi con i “senatori” della SBK a fare la parte del leone, ma l’allievo Bayliss che per ora sta studiando la situazione ha in serbo una sorpresa per i suoi venerati colleghi.
Sul traguardo del decimo giro l’australiano transita in coda al gruppetto dei leader che si scannano tra di loro per prendere la testa della gara, ma ecco che all’interno della prima variante arriva un missile rosso…ne sorpassa uno, no due….no quattro!!!
Troy Bayliss ha appena effettuato un quadruplo sorpasso che scatena l’entusiasmo del pubblico di Monza e del commentatore della gara Giovanni Di Pillo che quasi non crede ai suoi occhi per una manovra tanto ardita.
L’australiano condurrà qualche giro in testa poi Edwards, Chili e Yanagawa ristabiliscono l’ordine dei valori con l’italiano che batterà in volata l’americano precedendo per l’appunto Edwards, Yanagawa e lo straordinario rookie Troy Bayliss che termina al quarto alla sua prima vera gara del campionato del Mondo SBK.
Nella seconda manche il dioscuro in rosso è ancora protagonista, duellando nuovamente con i primi della classe e bissando il risultato della prima frazione, a quel punto in Ducati non ci sono più dubbi e propongono a Troy un contratto fino al termine della stagione, con il plebiscito di tutta la squadra.

Ma le novità non sono ancora finite: infatti dalla successiva gara, che si tiene sul velocissimo circuito tedesco di Hockenheim, cambia il compagno di scuderia dell’australiano, che diventa lo spagnolo Juan Baptista Borja proveniente dal team Caracchi e reduce da alcune discrete stagioni in 500, mentre Bostrom prende il posto dell’iberico nel team satellite della casa di Borgo Panigale.
In prova il pilota di Taree, continua a stupire gli addetti i lavori e già dopo poche tornate il suo ritmo è già al livello dei piloti di testa, tanto da piazzarsi in prima fila nella sessione di qualifica. Al via Troy scatta imperiosamente al comando e comincia fare selezione del gruppo dei partecipanti, nel quale resistono solo Edwards, Chili, Corser, Haga e Slight.
Per qualche giro si assiste ad uno spettacolo vero e proprio, con i piloti di testa che si sorpassano in continuazione neanche fosse una gara di ciclismo, poi Edwards e Chili prendono l’iniziativa, distanziando Bayliss e Haga di un centinaio di metri.
Troy però non ci sta e grazie all’ausilio della scia riprende lo scatenato tandem di testa seguito come un’ombra dal nipponico, ma alle loro spalle sta rimontando minacciosa la Kawasaki di Yanakawa che sul velocissimo circuito tedesco, fa valere la sua potenza superiore alle concorrenti.
A due terzi di gara, la gomma posteriore di Chili tradisce il bolognese, mentre in testa la rossa di Borgo Panigale e la verdona di Akashi, distanziano i leader del mondiale Edwards e Haga, affrontandosi a viso aperto per la vittoria, con Troy al comando che tenta l’allungo su Akira. All’ultimo giro è sempre l’australiano a comandare, mentre il giapponese tenta il tutto per tutto per tentare il colpaccio, ma il debuttante della Ducati non si lascia sorprendere e transita primo sul traguardo tra lo stupore generale e per la gioia della sua squadra che ormai è certa di aver trovato l’erede di King Carl Fogarty.
In gara due Troy, lotta nuovamente con i primi della classe, sfortunatamente a poche curve dalla fine, mentre era secondo, tenta un sorpasso impossibile su Haga e si ritrova così a chiudere quarto, ma l’appuntamento col podio è solo rimandato al prossimo appuntamento sul circuito italiano di Misano.
Bayliss è infatti protagonista di due gare straordinarie corse con maturità ed intelligenza che gli valgono un doppio secondo posto alle spalle dell’imprendibile Troy Corser su Aprilia, nonostante in gara due sia stato costretto anche ad una digressione fuori pista per evitare dell’olio su cui scivolano anche Borja, Haga e Chili, ma solo lo spagnolo riuscirà a riprendere la via della pista assieme al suo compagno di squadra, mentre il giapponese e l’italiano sono costretti al ritiro.
La gara successiva si tiene sullo spettacolare circuito statunitense di Laguna Seca, un tracciato difficilissimo su cui molti piloti ci mettono anni prima di capirne perfettamente le traiettorie, ma questo problema sembra non riguardare il debuttante Bayliss che in poche tornate doma la difficile pista americana e conquista la prima pole della carriera nel mondiale SBK.
In gara le cose andranno meno bene a causa di alcuni problemi di assetto, costringendo l’australiano ad un’incruenta caduta in gara uno ed ad un settimo posto nella seconda frazione, ma sarà una semplice parentesi negativa, infatti un mese più tardi sul circuito di Brands Hatch, Troy torna grande protagonista.
Nella prima manche l’australiano riesce a scappare dal gruppo, inseguito dal solo Neil Hodgson che corre questa gara in qualità di wild card, in sella ad una Ducati gestita dal team GSE con cui Troy aveva vinto l’anno passato il campionato britannico di SBK e che schierava anche il pilota inglese come compagno di squadra del centauro di Taree.
I due conoscono la pista a menadito e danno vita ad un duello entusiasmante che sicuramente li avrà riportarti con la memoria all’anno precedente, ma nessuno è disposto a cedere di un millimetro.
Bayliss non vuole accettare la sconfitta da una moto identica alla sua e spreme sempre più la 996 di quel tanto che basta per farlo transitare primo sul traguardo davanti all’ex compagno di squadra, che cavallerescamente gli fa i complimenti.
Neil si prenderà comunque la rivincita nella seconda manche, distanziando l’australiano nelle prime fasi e tenendone sotto controllo il tentativo di rimonta, ma per Troy a compensare la piccola delusione, c’è la notizia che la Ducati ha deciso di rinnovargli il contratto per i prossimi due anni, indipendentemente dal rientro o meno di Fogarty.

La gara successiva si tiene sull’angusto circuito tedesco di Oscherslebern, ma per Troy non esistono circuiti ostici ed il centauro Ducatista riporta nuovamente la sua rossa sul podio conquistando un terzo ed un secondo posto dopo aver lungamente battagliato con il tandem delle Kawasaki composto da Lavilla e Yanagawa in ambo le frazioni.
Dopo l’appuntamento in terra germanica il circo della SBK si trasferisce in Olanda sull’allora temibile pista di Assen, un circuito considerato da tutti gli addetti ai lavori, come il più complesso e difficile al Mondo, ma questo non crea alcun timore al centauro australiano di casa Ducati che ottiene ottime prestazioni sin dai primi giri di pista.
Al via di gara uno si scatena un violento temporale e sulla pista allagata Troy incappa in uno dei suoi caratteristi errori dovuti alla sua incredibile determinazione e getta via una gara che poteva tranquillamente concludere sul podio, ma questo non scoraggia l’ardimentoso australiano che al via di gara due si porta subito con decisione nel gruppo dei primi, con il chiaro intento di riscattare la delusione della prima frazione.
Presto si forma un trenino di testa tra cui si distinguono il ducatista, Haga, Chili, Corser ed Edwards, ma dopo metà gara la competizione subisce un violento scossone per via di alcune tracce d’olio lasciate da un altro concorrente all’uscita dell’ultima curva che gettano nello scompiglio i piloti in pista costringendo alla caduta Chili, mentre Haga e Bayliss con equilibrismi d’alta scuola e con un po’ di follia, non rallentano di un centesimo e ne approfittano per allungare sugli altri. Troy e Nori scatenano una violenta battaglia, con sorpassi e controsorpassi a ripetizione, con l’australiano che dimostra di non temere alcun timore reverenziale nei confronti del blasonato giapponese che nonostante stia inventando sorpassi in ogni dove, sembra in difficoltà ad arginare la classe del nuovo venuto.
A poche tornate dal termine Troy sfodera un superlativo attacco all’ultima staccata e poi inizia ad allungare imperiosamente, con Haga che non sembra capace di seguirlo, ma il ducatista sta forzando troppo e rovina a terra sul più bello e si ritrova a sfogare la sua delusione con un violento pungo sul terreno fangoso di Assen, ma in questa gara tutti hanno capito che il semisconosciuto debuttante della Ducati è ormai pronto ad affrontare qualsiasi avversario.

L’ultima gara si tiene nuovamente a Brands Hatch, che sostituisce in extremis il round di Imola, ma la notizia più importante arriva prima della gara: infatti Colin Edwards è appena diventato campione del Mondo grazie alla squalifica per doping di Haga.
Il giapponese infatti, in occasione della prima gara di Kyalami, aveva assunto dei farmaci per il raffreddore non consentiti e così gli vengono annullati i punti ottenuti in quell’occasione e viene diffidato dal partecipare all’ultima prova del campionato, consegnando di fatto il titolo a Colin Edwards.
L’assenza del nipponico viene comunque sanata dall’innesto delle solite wild card del locale campionato britannico, tra le quali spicca Michael Rutter su Ducati che s’invola subito al via di gara uno e trionfa facilmente davanti al rimontante Bayliss che dopo dei primi giri poco felici, ha rimontato con determinazione fino al secondo gradino del podio.
Purtroppo la stagione dell’australiano si chiude malamente con una caduta in gara due, che viene vinta dal neo iridato Edwards che festeggia con tanto di cappello da cowboy, ma in casa Ducati si può festeggiare comunque: infatti grazie all’incredibile apporto di Bayliss, la casa italiana si riconferma campione del Mondo costruttori.
Una stagione incredibile quella della Rossa duramente segnata dalla perdita del suo leader indiscusso Carl Fogarty, che proprio in questa gara ha dato il suo addio alla categoria sancendo la fine della sua carriera di pilota con un giro di pista sulla sua Ducati 996 numero 1.
Ma per un Re che abdica, nel regno ducatista si è subito proposto un degno erede, l’australiano Troy Bayliss, che da semi sconosciuto ex verniciatore proveniente dall’Australia, si è trasformato nel principe ereditario che la Ducati stava aspettando, conquistando in un solo anno i galloni di pilota di punta ed i cuori dei tifosi della Rossa.

Riccardo Dalmonte
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